Chissà cos’hanno da guardare da lì sopra. Ovvero, chissà se hanno perdonato quelli che li hanno condannati a continuare a guardare da lì sopra. Perché, tra quei volti, non ce n’è uno solo che sorrida, cha paia contento della sua condizione. Alcuni, i barbuti, sembrano appartenere ad una sola famiglia. Come se li avessero assoldati in blocco: venite e distribuitevi tra le varie postazioni: state in guardia, osservate, riferite. Non esprimono giudizi, infatti, fisiognomicamente questi volti, queste facce che sostengono con leggerezza archi e facciate, interi sistemi architettonici. Ma che più che stabilizzare le forze equilibrandole, paiono assolvere al compito di soddisfare a delle curiosità. Guardando, appunto. Il passaggio dei secoli e lo svolgersi delle stagioni. La vita, fatta di uomini, donne, giovani, vecchi, ricchi, poveri, potenti e sottomessi. Quella varia e svariata umanità che passando e soffermandosi sotto di loro e non vedendoli, o meglio, non percependoli più -nel senso che la chiave di volta più che porsi come elemento vitale di confronto assume l’eternità estetica dell’impreziosimento urbano- sentendosi assolutamente liberi, si abbandonano ad osservazioni e confidenze altrimenti improbabili se non proprio impossibili. E se potrebbe risultare inquietante lasciarsi andare davanti ad un giovin bacco che di per sé dovrebbe rappresentare l’ebrezza, potrebbe perfino impaurire il ritrovarsi osservati da un mongolo che finge l’assopimento (ma nessuno ci crede: se si addormenta sul serio potrebbe crollare il palazzo…) o da un presunto barbaro che, ostentando un intimidente copricapo leonino, nobilita, provando la citazione storica (Roma: amici & nemici), quel travestimento che sempre aleggia e rimane profondamente ancorato ai precordi del veneziano-doc. Travestimento che potrebbe rappresentare anche la logica del “turco” “nasodiferro” e di altri di questi onesti possessori di volti. Ma allora ci stanno a continuare a guardare? E, soprattutto, hanno perdonato coloro i quali li hanno stabilizzati lassù condannandoli a guardare per sempre? Riescono a riferire, dopo aver carpito e capito le confidenze raccolte quotidianamente come necessità o sfogo? Probabilmente no, in verità. Anche se basterebbe che ognuno di noi li considerasse testimoni, che facesse sapere in giro che non può esistere impunità se “qualcuno” continua a guardare, a capire, a giudicare. Troppo aulico e fideistico il vecchio adagio del “Dio ti vede”, basterebbe far sapere in giro che altri “volti” vedono, per provare almeno a calmierare l’arroganza del contemporaneo…

Carlo Montanaro

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